Il colore dei ricordi

Chissà di quale colore ricorderemo il 2020. Secondo Michel Pastoureau, lo storico e antropologo che hai incontrato spesso anche qui, i nostri ricordi sono prevalentemente acromatici e si colorano solo quando riemergono dalla soffitta – dalla cantina? - del ‘palazzo della memoria’.

Dall’ultimo numero di Mnemosine le giornate si sono allungate di circa 15 minuti (oggi il giorno durerà 9 ore e 22 minuti). Un preziosissimo, intero quarto d’ora di luce in più rispetto al Solstizio d’Inverno.
Lo so, anche nel 2020 avevo aperto il primo numero dell’anno con una considerazione simile. Ma è che per me dopo l’Epifania si dovrebbe subito passare al tepore di certe sere di marzo, quando sai che la primavera ti aspetta dietro l’angolo e la luce è pronta a rivelare i colori.

Sono numerosi, infatti, i ricordi visivi di cui ci mancano dei colori definiti, persino bianco-nero o nero-grigio-bianco. Sepolti nella memoria, sono prevalentemente acromatici. Ma quando li richiamiamo alla mente, li facciamo riemergere con un’intenzione precisa, li riscriviamo più o meno consciamente come in bella copia, in senso formale e anche cromatico: la memoria ne precisa i contorni, ne irrobustisce le linee e l’immaginazione si fa carico di colorarli con delle tinte che a volte non avevano affatto.

Michel Pastoureau, I colori dei nostri ricordi. Diario cromatico lungo più di mezzo secolo, trad. Laura De Tomasi, Ponte alle Grazie, Salani, 2011.

Non condivido appieno l’affermazione di Pastoureau, molti dei miei ricordi possiedono colori intensi, trattenuti dalla mia memoria con la stessa precisione dei profumi e delle suggestioni olfattive.
Di che colore sono i tuoi ricordi?

Foto di Suzy Hazelwood da Pexels

Mnemosine, la scatola dei ricordi

Dall'Archivio della newsletter
Torna su