Pesaromemolab, Borgo Santa Maria (Pesaro), 2012

Una sporta piena di foto

Non credo di averti mai raccontato qui su "Mnemosine" la storia della sporta piena di foto, che da anni mi attende paziente in una scatola nell’area ‘cimeli vintage’ della mia libreria
Pesaromemolab, Borgo Santa Maria (Pesaro), 2012

Michel Pastoureau, I colori dei nostri ricordi. Diario cromatico lungo più di mezzo secolo, trad. Laura De Tomasi, Ponte alle Grazie, Salani, 2011.

Collezione privata. Una sporta piena di foto

A proposito di bianco e nero e color seppia. Non credo di averti mai raccontato qui su Mnemosine la storia della sporta piena di foto, che da anni mi attende paziente in una scatola nell’area ‘cimeli vintage’ della mia libreria.
La sporta, una busta di plastica perenne color carta da zucchero, mi è stata consegnata nel 2012, durante un ciclo di incontri svolti nell’ambito di uno dei tanti progetti per il recupero della memoria locale che ho curato in passato.

Esterno giorno, un pomeriggio uggioso d’inizio marzo. Luogo: la Biblioteca di Quartiere di un sobborgo di Pesaro. I presenti sono tutti uomini (strano, questi appuntamenti hanno sempre attratto più donne), perlopiù pensionati. Obiettivo dell’incontro è raccogliere immagini e ricordi della piccola comunità locale da esporre nella mostra conclusiva del progetto. Oggi qui è periferia, la città sfuma in una campagna piuttosto anonima ma si sente forte l’orgoglio dell’antico Comune, soppresso nel 1929.

Dopo un paio d’ore di chiacchiere animate e produttive, al momento di salutarci, uno dei signori si fa avanti un po’ impacciato mostrandomi il suo tesoro avvolto d’azzurro. «Può interessarle questa?». “Questa” è una sporta di plasticaccia non esattamente linda, piena di fotografie ammucchiate alla rinfusa, rettangoli di cartone di ogni formato che coprono una cinquantina d’anni di storia. Ritratti, paesaggi, interni, un biglietto da visita; stampe perlopiù in bianco e nero, qualcosa a colori, un paio di polaroid anni ’70. Mi colpiscono subito le donne intorno a un banco della “fabrica” di piastre per fornelli elettrici. Appoggiamo la borsa al centro del tavolo, tutti vi si affacciano sopra. L’attesa vibra nell’aria: chissà chi ci sarà, lì dentro.

Le foto, spiega il signore, appartenevano a una signora scomparsa da poco, le ha recuperate in soffitta. La casa è stata venduta e sarà ristrutturata, nessun parente a reclamarle, «mi faceva un che lasciarle lì e mandarle alla discarica con i mobili. Ho pensato di portarle oggi, magari a lei interessano, ci può fare qualcosa».

Togliamo i cappotti, la partita si riapre e le foto si sparpagliano sul tavolo. Si riconosce la proprietaria (Iolanda, spesso si firma Iole) ma il resto è muto; giusto un biglietto da visita – prof. Omiccioli Erpalice (Erpalice, sì) – dice qualcosa a uno dei presenti. Ma si va troppo indietro nel tempo, e anche se del professor Omiccioli troviamo parecchi scatti (in guerra, il giorno del matrimonio), non si va oltre il ‘sentito dire’. «Credo fosse un maestro di musica».

 

In ogni progetto mi sono imbattuta in simili ritrovamenti, a volte veri e propri reperti di interesse storico (camicie garibaldine ‘certificate’, lettere – D’Annunzio e Carducci, per esempio, cimeli che in molto meno di sei gradi separarono i proprietari da qualche celebrità dello spettacolo, dello sport o della politica), più spesso scrigni dalle modeste aspettative.

Queste fotografie senza più nome, queste immagini senza qualità io le colleziono da tempo... Diventano una famiglia immaginaria e sconosciuta, fatta di tante famiglie.

Josette Coenen-Hunter, La mémoire familiale, Harmattan, Parigi 1994, citato in Duccio Demetrio, Album di famiglia, Meltemi, 2002.

Solo raramente ho ceduto alla tentazione di ‘salvare’ foto di sconosciuti da edifici in rovina o dai banchi del mercatino dell’usato (come scegliere? Chi portare con me, chi abbandonare?), ma nel caso della sporta azzurra non ho potuto sottrarmi.
Spolverate e suddivise in serie, spero il meno arbitrariamente possibile, le foto attendono il loro turno e sono sicura che prima o poi qualche indizio arriverà a illuminarle o, almeno, a suggerirmi le domande giuste.

Fabbrica di piastre per fornelli elettrici, località sconosciuta, anni Cinquanta.
Fabbrica di piastre per fornelli elettrici, località sconosciuta, anni Cinquanta. Sul retro del foglio incollato alla foto si legge: "Questa è la fabrica dove lavoro tenetemela conservata per quanto faccio ritorno saluti a tutti I. e G. Quelle che si vedono sono tutte platte per fornelli aletrici" (foto collezione Cristina Ortolani, Pesaro).

Buon 2021, che sia pieno di colori, i tuoi preferiti.
E mi raccomando, non dimenticare di stampare le foto del 2020! 😉
A presto e tante buone giornate,
Cristina

La Storia è crudi fatti - e qualcos'altro - passione e colori prestati dagli uomini. Vi racconterò - almeno - i fatti.

Antonia S. Byatt, Possessione. Una storia romantica, a cura di Anna Nadotti e Fausto Galuzzi, Einaudi 1992.

Mnemosine, la scatola dei ricordi

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